Ampliare il proprio mercato e penetrare quello cinese, è indubbiamente una sfida a cui molte aziende italiane cercheranno di sottoporsi soprattutto ora, dopo la firma delle intese sottoscritte a Villa Madama tra Italia e Cina, più note come “Nuova Via della Seta”.
Un bacino di “consumers” come quello cinese è una opportunità troppo ghiotta per non essere presa in seria considerazione. Tuttavia, come tutte le opportunità di ampliamento, anche questa richiede attente valutazioni e conoscenze. Nella nostra attività di Consulenti, già più volte abbiamo avuto l’opportunità di collaborare con aziende alle prese con richieste di deposito di titoli in P.I. in Cina ed in base alle nostre esperienze ed alle recenti novità apportate dagli accordi, riteniamo doveroso fare una breve panoramica di quanto necessario attivare per proteggersi da possibili contraffazioni.
Uno degli strumenti più validi a cui ricorrere per evitare conflitti con i partner cinesi (ma non solo!) prima di rivelare qualsiasi informazione, è la sottoscrizione di un “NNN agreement” (non disclosure – non use – non circumvention), un accordo che prevede la protezione dei dati e delle informazioni, nonché dell’uso illecito del prodotto/servizio oggetto della collaborazione. E’ importante in questa fase prevedere degli accordi che tutelino entrambe le parti in egual misura e che, nella nomina del Foro competente a risolvere le eventuali controversie, siano nominati quelli di entrambe le parti, specie quando si parla di un bacino d’utenza così vasto come il territorio cinese.
Il secondo punto da considerare è la registrazione preventiva del titolo (marchio, design, brevetto) che si intende commercializzare/produrre in Cina, anche attraverso la registrazione internazionale, designandola come territorio di protezione.
Se si intende raggiungere più agevolmente il consumatore cinese una rilevante valutazione da fare è quella di registrare il marchio anche in caratteri cinesi sonpratutto per prodotti di largo consumo.
Un aspetto importante e basilare per una azienda che vuole penetrare il mercato cinese è fornito dalla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio. Per limitare possibili controversie che negli ultimi anni sono cresciute in maniera esponenziale, il governo cinese ha obbligato gli enti fiera a dotarsi di un ufficio denominato “I.P.bureau” quando la manifestazione ha una durata superiore ai due giorni. In questo frangente è bene avere a propria disposizione lla documentazione che attesti la proprietà del titolo e/o dei diritti di sfruttamento. Qualora si dovessero rilevare infrazioni palesi, o ritenere di aver subito una qualsiasi violazione del titolo di P.I., è bene, dopo una opportuna raccolta di prove (cataloghi, fotografie, etc.) rivolgersi alle autorità competenti ed all’ I.P. bureau stesso che ha facoltà di intervenire.
Un ulteriore aspetto della volontà di trasparenza e di buona pratica commerciale è data dalla approvazione da parte del governo cinese di una legge il 31.08.18 che prevede che le piattaforme di e-commerce (es. Alibaba) debbano richiedere agli operatori che intendono avvalersi della piattaforma stessa per la vendita dei loro prodotti/servizi, di fornire informazioni veritiere e verificabili dei titoli e licenze relative al commercio del prodotto/servizio che intendono commercializzare. Qualora una titolare di P.I. ritenga di aver subito violazione, la piattaforma, dopo debita notifica, è obbligata a bloccare/eliminare l’utente/prodotto/servizio contraffatto. Qualora detta piattaforma non intervenisse tempestivamente, verrebbe difatti ritenuta pari responsabile della violazione.
Altri e molteplici aspetti coinvolgono le buone pratiche commerciali messe in evidenza dagli ultimi accordi sottoscritti con il governo cinese, alle quali non mancheremo di dar seguito su queste pagine.